La storia si dispiega e si scrive in relazione a date e gesti che vengono riscoperti, valorizzati o disprezzati in un simbolismo sociale che nella sua interezza, spesso, resta ambiguo o addirittura soggetto alle inclinazioni di chi lo racconta. Il rapporto che lega l’atto creativo all’ingegno dell’artista spesso è sfuggente ed enigmatico e cogliere appieno il senso del suo pensiero è alquanto improbabile. Riferire, poi, in termini precisi un concetto, uno spirito, un’azione senza aggiungere del proprio è complicatissimo, specie se un’opera si risolve e definisce in alcuni attimi creativi.
In questa sfida all’impenetrabile, Ugo Mulas sceglie di non limitarsi a ritrarre i suoi soggetti accanto alle loro opere, piuttosto a documentarne il lavoro rivelandone i meccanismi e il senso. Fare riferimento alle intuizioni di un fotografo e non agli artisti o alle opere, contiene in sé un’azione direzionale precisa, poiché sullo sfondo c’è un periodo intenso e articolato e in primo piano un cambiamento solenne che vede al centro della scena artistica internazionale una tendenza globalizzante in cui l’arte attraversa il concetto di opera “oggetto” per tradursi in tensione mentale e comportamento.
A stretto contatto con gli artisti Mulas carpisce il superamento di quelle separatezze tra arte e vita che risultano sempre più stridenti dopo le drammatiche vicende del secondo conflitto mondiale. In questo periodo la sperimentazione dell’Action Painting ha chiarito da tempo la risoluzione della pittura in uno spazio tridimensionale; la ricerca di un’interconnessione tra le arti vede l’elemento processuale diventare componente essenziale dell’opera. Siamo nel 1964 ed happening e Fluxus hanno ormai depredato la scena, sottraendola agli Informali e indirizzando l’arte verso una rotta decisiva che identifica il corpo quale mezzo e fine dell’opera d’arte.
In questo apparente scompiglio Lucio Fontana ha cercato, trovato e “storicizzato” un territorio per questo corpo. Egli si nobilita e si perde nella trama del suo racconto, abbandonandosi alle energie di buchi e squarci quali atti costruttivi calibrati che segnano un universo sempre meno tela e sempre più spazio mentale.
La sintesi di un taglio quale gesto assoluto vede il corpo penetrare il quadro; le mani che attraversano i tagli appena eseguiti comprovano, di fatto, il contatto con la terza dimensione e ne definiscono una quarta: quella temporale.
La sua azione, che ha segnato il passaggio netto e definitivo all’arte concettuale, acquisisce una dimensione storica ancor più netta attraverso una serie di scatti che Mulas rivela dettagliatamente.
Quando il fotografo si reca nello studio dell’artista, in un pomeriggio qualunque e senza specifiche attrezzature, di certo lo fa senza pretese. In pochi attimi, però, e come riporta egli stesso, forse per la presenza di un quadro bianco, grande, con un solo taglio, appena finito, capisce che “l’operazione mentale di Fontana (che si risolveva praticamente in un attimo, nel gesto di tagliare la tela) era assai più complessa e il gesto conclusivo non la rivelava che in parte.” Leggi tutto…