Quando su Twitter ho chiesto al social media manager del Museo MADRE di Napoli che fine facesse il fiore che quotidianamente fa parte dell’opera Rosa per la Democrazia Diretta (Rose für Direkte Demokratie) di Joseph Beuys,

Screenshot della conversazione con il social media manager del Museo MADRE.
Estratto della conversazione con il Museo MADRE.

la risposta è stata ovvia, ma con un curioso aneddoto:

… normalmente verrebbe buttata, ma l’ultima rosa è germogliata e ora la teniamo con noi nei nostri uffici.

Di lì ho pensato che se l’autore avesse visto quella talea, probabilmente avrebbe deciso d’interrarla, dato che per l’artista tedesco la fioritura era il simbolo della rivoluzione. Al mio interlocutore ho anche suggerito di farlo, ma chissà poi com’è andata.

Chiedersi dove finisca la rosa potrebbe risultare una sfida fanatica. Porsi una domanda che abbia a che fare col valore di un fiore per Beuys, forse, un po’ più legittimo.
Indagare il lavoro dell’artista è affascinante, poiché la sua è una figura controversa che suscita non di rado concreti motivi di dibattito.
La sua idea di arte – intesa come potenza evolutiva – e di uomo – quale soggetto capace di sovvertire la società per mezzo della creatività – si catalizzano con le ricerche di Rudolf Steiner. Proprio come professava il filosofo austriaco, la sua visione prevede lo sviluppo di un nuovo umanesimo che contrasti l’eccessivo materialismo della società moderna e vada oltre la razionalità. E se Steiner aveva cercato di risvegliare gli aspetti spirituali dell’umanità quali l’immaginazione, l’ispirazione e l’intuizione, Beuys, nei primi anni Settanta, fonda un suo progetto politico con conferenze educative “permanenti”, in cui discutere delle capacità creative di ogni individuo attraverso le quali partecipare e rinnovare la vita culturale, politica ed economica della società.

Un momento del Büro für Direkte Demokratie durch Volksabstimmung a documenta5. © Metamute
Un momento del Büro für Direkte Demokratie durch Volksabstimmung a documenta5. © Metamute.

Nel 1972 l’artista viene invitato a Kassel, nell’allora Germania Ovest, per documenta5, rassegna d’arte contemporanea quinquennale il cui livello di influenza sulla cultura intellettuale e politica è tutt’oggi stupefacente.

La ricerca, curata quell’anno da Harald Szeemann, è incentrata su “Indagine della Realtà, Visione del mondo oggi” (Befragung der Realität – Bildwelten heute) e Beuys decide di svolgere un’azione. Istituisce il Büro für Direkte Demokratie durch Volksabstimmung, un “ufficio politico” nel quale, per 100 giorni, si siede da una parte della scrivania e invita i visitatori a dialogare con lui. Ognuno può ascoltare e interagire con le sue idee, maturate nel tempo e costituite in un movimento radicale chiamato Organizzazione per la democrazia diretta, fondato dall’artista proprio nell’anno precedente attraverso un referendum collettivo.
Una rosa rossa, sempre nel pieno della sua vivacità, accompagna quei giorni, insieme ad una frase: ohne die Rose tun wir’s nicht, che letteralmente significa Noi non lo faremo senza la Rosa. E difatti quel fiore diventa l’aspetto nodale, per quanto deteriorabile, di una costellazione di conversazioni e condivisioni su argomenti e proposte radicali.

Un anno dopo nasce Rosa per la democrazia diretta, che assume un significato dissimile e concreto, rispetto alla performance di documenta5, superando la valenza di un’azione che s’incentrava sulla conversazione quale rapporto sociale fondamentale, per diventare un’opera “finita”. E se Lea Vergine, a proposito di Azione Sentimentale di Gina Pane, dice che la fotografia è l’oggetto “sociologico” che permette di coglierne la realtà (e perpetuarla), Beuys decide di lasciare una traccia tangibile, per quanto fragile, di un progetto politico radicale e partecipato, realizzando questo e altri lavori in serie.
Difatti, proprio in questo periodo, ovvero quando il suo lavoro comincia a prendere una piega esplicitamente politica, i multipli diventano il mezzo ideale per diffondere e discutere delle sue preoccupazioni sociali.

Rose für Direkte Demokratie in Edition Staeck. Multiplo n°240/440.
Rose für Direkte Demokratie in Edition Staeck. Multiplo n°240/440.

La Rosa del 1973 è composta da un fiore, dell’acqua, un cilindro graduato di vetro con un’iscrizione e un certificato d’autenticità stampato su carta da lettera (non esposto). L’edizione di questo multiplo è “illimitata” e, di tutti i pezzi, i primi 440 posseggono un certificato firmato e numerato su cui c’è la stampa della scritta a mano della parola Rose. Gli ulteriori pezzi, dal 441° in poi, sono accompagnati da un certificato fac-simile.

Osservando l’opera, dal punto di vista più concreto, saremmo davanti ad un cilindro sul quale è incisa una frase. Punto.
Il fascino invece è nel dettaglio di un verso ascendente e spiraliforme dell’iscrizione che segue la direzione di crescita della rosa, evocando la traiettoria lungo la quale Beuys sperava di vedere il progresso della società.
Inoltre, i petali del fiore sono per l’artista il significante di questo processo di rinascimento spirituale, poiché essi emergono attraverso una graduale trasformazione delle sue foglie.

Ma qual è la linea che intercorre tra un oggetto in sé, e il ruolo che esso può assumere, se un artista lo decide?
Ritorno al MADRE, questa volta di persona, e chiedo all’operatrice se è possibile avere una rosa appassita:

Ci spiace ma la rosa non è e non può essere inscrivibile nel concetto di opera d’arte. Pertanto, a che serve? È come se lei volesse prendere possesso di un chiodo usato in precedenza per attaccare un quadro. Sarebbe un feticcio.

ROSA PER LA DEMOCRAZIA DIRETTA - 1973
Rose für Direkte Demokratie, 1973, © H. Koyupinar, Bayerische Staatsgemäldesammlungen.

Mostro il mio disaccordo per la risposta esemplificativa che sembra piuttosto la reazione ad un atto di fanatismo. Il mio.

È vero che il museo non potrebbe conservare ogni fiore che passa per quel vaso, dato che non è previsto. Ma di lì a dire che si tratti di un feticcio, forse, si sta facendo di un’idea una banalità.
Ogni oggetto afferente alla sfera del privato, altro non è che l’incarnazione di una proiezione interiore. Esso si trasforma secondo le immagini, i sentimenti, i concetti che evoca e aggruppa attorno a sé, fino a stabilire con noi una specie di accordo, che si traduce nella forza che acquista per noi soltanto.
E una rosa, pur essendo altamente deperibile, nel momento in cui viene investita di un concetto di pubblico interesse, traducendo un sentimento individuale in una forza collettiva, non assume un ruolo (altrettanto) decisivo?
Beuys in quella Rosa proietta le sue idee di rielaborazione della società attraverso l’attività creativa e il desiderio di un mondo più pacifico, fatto di un percorso evolutivo mirato allo sviluppo collettivo. Queste idee si perpetuano nel fatto che la Rosa si ritempra nella sua utopia nonché nella sua sostituzione oggettiva. Pertanto, se il concetto di cui investiamo quella Rosa, fa della rosa stessa un elemento fondamentale, la risposta alla prima domanda potrebbe essere che essa non sfiorisce?

Più propriamente, per Beuys quel fiore si fa portavoce di idee in divenire, e il senso nella lettera maiuscola di Rosa, è lì per dirci che non è una rosa qualunque, e soprattutto non è un feticcio, piuttosto il simbolo di un’idea e lo strumento per perpetuare una bonifica creativa, culturale e spirituale.
Una bonifica messa in atto attraverso una traccia materiale.

 

 

We Won’t Do It Without the Rose, 1972 Stampa Offset su cartoncino, con testo scritto a mano, 80 x 55,8 cm, Edizione 80 + XX, firmata e numerata Editore: Edition Staeck, Heidelberg Photo: © Mario Gastinger, Photographics, München
We Won’t Do It Without the Rose, 1972
Stampa Offset su cartoncino, con testo scritto a mano, 80 x 55,8 cm, Edizione 80 + XX, firmata e numerata
Editore: Edition Staeck, Heidelberg. © Mario Gastinger, Photographics, München.
  • Note:
    La conversazione virtuale e reale con gli operatori del Museo MADRE è realmente avvenuta.
    I riferimenti alla fioritura quale simbolo di rivoluzione sono estrapolati da Joseph Beuys – Beuys in Caroline Tisdall, London, Thames & Hudson, 1979.
    I riferimenti ad Azione Sentimentale di Gina Pane sono a pag. 196 del libro Body Art e storie simili – Il corpo come linguaggio di Lea Vergine, Skira, Milano 1974.
  • Lettura consigliata: Joseph Beuys – Difesa della natura, a cura di Lucrezia de Domizio Durini, pubblicato da Lindau, Torino, 2014.
  • Si ringrazia il Museo MADRE, attore inconsapevole di questi dialoghi.
  • Per approfondimenti:
    Sul sito creato appositamente dalla Pinakothek der Moderne di Monaco per i multipli di Beuys, ci sono una valida biografia dell’artista e un interessantissimo glossario dove approfondire la sua ricerca.
    Ancora sui multipli, l’Harvard Art Museum ha pubblicato un ricco archivio consultabile.
    Su documenta5 esiste un archivio simbolico della rassegna del 1972 curata da Harald Szeemann.
    Documenta14, invece, si svolgerà l’anno prossimo.
    Rose für Direkte Demokratie del 1973 è esposta all’interno di Per_forming a collection #4.

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