Certe storie trovano nel tempo la loro giusta sedimentazione.
Sembra che appaiano da un giorno all’altro mentre, in realtà, sono sempre state lì.
E da un “lì” qualunque partiamo, anzi no, da una telefonata che ci conduce subito in un luogo preciso.
Quando l’interlocutrice ci parla, la mente va subito oltreoceano, in quell’”aurora” delle sei del pomeriggio, spesso trasferita magistralmente nei quadri di Edward Hopper.
Quella luce, tipica del Northeast, illumina e scalda i movimenti, le relazioni, le influenze e non risparmia nessuno, tanto che, se la ricerchi, la puoi trovare in molti altri artisti che hanno vissuto quei luoghi, quell’aria.
La storia che ascoltiamo è apparentemente una delle più comuni. Una casa venduta e, insieme ad essa, tutto il suo contenuto; ma l’epilogo di un acquisto si trasforma in una tipica vicenda tutta e solo americana…
Troppo occupato a dipingere piuttosto che marcare un’impronta, abbastanza ostinato nell’indifferenza di quello che gli accade intorno, Arthur Pinajian (1914-1999) vive con sua sorella Armen a Bellport (NY) e in un piccolo garage lavora ad una ricerca solitaria volta ad arricchire il suo “vocabolario visivo”che, dopo la sua morte, vuole finisca umilmente nella discarica di Brookhaven.
Quando nel 1999, anno della morte dell’artista, Peter Najarian deve buttare tutto, s’accorge di non riuscire a farlo e, contro il volere di Armen, conserva quell’intimo universo fatto di tele, schizzi, lettere, diari, libri e 50 anni di dedizione creativa. La vita di un artista, noto per essere tra i pionieri del fumetto moderno, e il suo tempo nella sua totalità vengono accatastati in un sottotetto e nello stesso garage che per più di vent’anni è stato il suo studio. Leggi tutto…