L’avevo visto fumare vorticosamente davanti al bus.
Ero entrata senza farci caso, eppure quando ci siamo separati alla fine di questa storia, quando l’ho superato a passo serrato verso il mio pomeriggio, ho ricordato benissimo la sensazione che avevo avuto di lui. Sarà stato il suo modo di gettare la sigaretta, oppure di gestire lo spazio, quando si è seduto difronte a me. Vestito completamente di un testa di moro parecchio sbiadito, dalle scarpe alla giacca, al soprabito. Alto circa 1,90, capelli biondi brizzolati e all’indietro, occhio albino. Nel sedile ci entra occupando anche parte della mia metà nello spazio per le gambe. Davvero poca grazia nei movimenti, tanta sicurezza nel modo di fare.
Ci guardiamo fisso negli occhi per qualche istante. È un tipo insolito. Metto le cuffie. Spesso la musica la uso come sottofondo per le storie che incrocio per strada, in metrò, su un autobus. A volte come sotterfugio. Me lo ha insegnato un’amica, ricordandomi un aneddoto di un grande della letteratura. E poi, in un’intervista Monicelli aveva confessato di ascoltare proprio la quotidianità della gente per strada per trovare ispirazione.
Insomma, le persone parlano di sé, convinte di essere sole al mondo, insieme solo al loro interlocutore. E spolverano le mensole dell’inquietudine, sollevano tappeti dell’insoddisfazione, abbattono i muri di un amore clandestino, spalancano le porte di fatti ordinari tutti da figurare (e ricostruire a seconda del mio immaginario). Sono libri quando i libri non puoi leggerli perché, per esempio, l’Appennino verso Napoli ti mescola la messa a fuoco.
Parla al telefono e, con una voce ferma, dice che da Napoli prenderà il treno per Milano e che con l’opera che ha appena fotografato è ad un vicolo cieco, finché il proprietario non si decide ad avviare le pratiche per verificarne l’autenticità presso la Fondazione.
Quadro – Autenticità – Fondazione… Che storia è questa?
Il fatto che queste storie capitino a me genera sempre la stessa domanda: coincidenza o sincronizzazione?
Abbasso leggermente il volume, lo ascolto, ma lui pensa che io sia altrove. Leggo sul suo volto una specie di preoccupazione.
– “Il catalogo ragionato su Modigliani è già uscito da un po’ e questo lavoro non è tra i pubblicati. Ceroni potrebbe aiutarci ad autenticarlo, ma quando io ho chiesto di analizzare un Castellani, mi è costato 700 euro, quasi più del Castellani stesso (ride). Domani sono dall’avvocato Campagnolo. Vediamo cosa mi dice.”
Mentre lo fisso, sempre con le cuffie, chiude il telefono; prendo una Fischerman’s al lampone e faccio scorrere la scatola di metallo sul tavolino che abbiamo in mezzo. Al suo no, rispondo che fa bene a non accettare caramelle da una sconosciuta.
L’uomo vestito di testa di moro sorride.
“Allora, questo Modigliani?” Dico io.
Mi guarda sorpreso… sorride ancora, ma stavolta pare vagamente inibito. Indicando me e poi ripetutamente le sue orecchie mi sta chiedendo a gesti e sillabe: “ma… Lei non ha le orecchie occupate?”
“Beh, il volume alto mi fa venire il mal di testa.”
[…]
Da qui alla fine della storia mancano in ordine: qualche chilometro tra l’Ospedale dei Poveri e il terminal di piazza Garibaldi; l’epilogo sul fatto che l’uomo vestito di testa di moro mi abbia raccontato che prima di salire sul bus ha fotografato un Modigliani.
~
Com’è andata a finire? Chi era l’uomo vestito di testa di moro? Dove si ferma la verità in questo racconto?
Sono passati 100 anni o qualcosa di più dalla morte di Amedeo Modigliani.
Qui c’è un dipinto.
Probabilmente fratello dell’opera raccontata nella storia. E forse no.
Amedeo Modigliani, Nudo rosso, 1917, particolare.
Olio su tela – 60×92 cm, Collezione privata.
Nota:
È notizia recente che l’avvocato Roberto Campagnolo – esperto in diritto dell’arte con consulenze su artisti, collezionisti, case d’asta, mercanti d’arte, gallerie, editoria, fondazioni, banche o società che curano patrimoni d’arte – ha ricevuto mandato in esclusiva finalizzato alla trattativa e vendita di un disegno del maestro Amedeo Modigliani.